martedì 9 ottobre 2012

Coaching, come, quando e perchè

Eccomi, come promesso nel post precedente, a dare qualche informazione sul coaching. Prima di iniziare, però, una doverosa precisazione: ciò che a me qui interessa mettere in luce è la potenzialità di questo strumento se messo nelle mani di esperti competenti, psicologi e psicoterapeuti. La professione di coach non è riconosciuta come tale da un punto di vista formale e legislativo; non esistono, quindi, scuole o percorsi formativi "istituzionali" riconosciuti dallo stato, che conducano ad acquisire un titolo in coaching. Attualmente esistono diversi enti internazionali, per altro privati (il cui titolo non ha quindi alcuna validità legale di abilitazione), che prevedono una certificazione (ossia una sorta di riconoscimento, esclusivamente privatistico e privo di qualunque effetto di legge, del titolo di coach), Esistono più che altro delle linee guida interne che "regolamentano" la professione di coach, ma si tratta in ogni caso di una certificazione fornita da un privato e non di un riconoscimento pubblico. Attualmente, in Italia, la situazione del coaching è pertanto controversa, esiste un dibattito molto ampio su chi e come si possa utilizzare il coaching. A mio parere dovrebbero essere esperti della salute e del benessere a padroneggiare questo strumento. Per ciò che riguarda la parola coaching, essa ha origine dal termine francese coche, carrozza. Il termine anglosassone invece rinvia il coaching all’ambiente sportivo. Nel XIX secolo in Inghilterra gli studenti universitari verso la fine del proprio percorso utilizzavano il termine coach per indicare i migliori tutor, dando loro titolo rispettoso e autorevole. Negli Stati Uniti, il coach nasce per sviluppare e incrementare la prestazione sportiva; il coach non solo guidava la squadra e la allenava, ma la seguiva dal punto di vista emotivo, la stimolava, creava spirito di gruppo per affrontare gli avversari con maggiore carica e sicurezza. Attraverso la guida costante del coach i giocatori e il team sviluppavano quelle capacità e competenze che rendevano il gruppo stesso motivato e forte capace di raggiungere gli obiettivi attesi. Soprattutto negli anni '90 la figura del coach compare nelle imprese. Inizialmente le figure destinatarie dell’intervento del coach furono i manager che per sviluppare e migliorare le loro capacità umane e professionali si affidarono a consiglieri di fiducia quali i coach. E’ quindi intuitivo comprendere, da quanto detto, che il coaching si può identificare come uno strumento di supporto e orientamento per la persona. E’un'attività specifica che ha come finalità il raggiungimento degli obiettivi del cliente. L’attività di coaching è spesso affiancata da un termine che ne identifica i destinatari: per esempio parliamo di Team Coaching o di Executive Coaching se i destinatari sono un gruppo o il top manager di un'azienda. ll coaching è un processo che ha l'obiettivo di aiutare la persona ad acquisire una maggiore competenza professionale e/o a superare barriere che ostacolano il miglioramento della sua performance. Di solito la domanda che segue a queste definizioni è: “ ma è una psicoterapia?”. No. Il coaching è una strategia di formazione che parte dall’esperienza di ciascuno e opera un cambiamento, una trasformazione che migliora e amplifica le proprie potenzialità per raggiungere obiettivi personali, di team e manageriali. È un processo che offre al cliente strumenti che gli permettono di elaborare ed identificare i propri obiettivi e rafforzare la propria efficacia e la propria prestazione. Il cliente che si affida al coach ha delle potenzialità latenti e tramite il coach impara a scoprirle e ad utilizzarle. Il coach dunque è un facilitatore del cambiamento, è una persona che stimola e indirizza le energie del cliente e lo aiuta a prendere consapevolezza delle sue potenzialità. “Quindi è una forma di terapia breve?” No, neppure questo. E’, per così dire un percorso a due, più centrato sul raggiungimento di un obiettivo specifico che sulla relazione e l’approfondimento di dinamiche intrapsichiche o relazionali. E’ come se il coach, attraverso gli strumenti del coaching offra al cliente una lente di ingrandimento, tramite cui mettere a fuoco innanzitutto gli obiettivi specifici che si pone o che necessita raggiungere, e poi le potenzialità che ha per farlo. L'abilità più importante di cui deve disporre un coach è aiutare le persone a definire i propri obiettivi. Le metodologie del coaching sono centrate sulla soluzione e orientate verso il risultato piuttosto che verso il problema. “Ma se ho problematiche specifiche di ansia o depressione posso intraprendere un percorso di coaching?” Anche in questo caso la risposta è no. Il coaching è utile per raggiungere obiettivi di vita, per ampliare le proprie possibilità, ma non ha strumenti adeguati a rispondere a situazioni patologiche o al limite. “Si ma in pratica cosa si fa?” il coaching a differenza della psicoterapia, offre un percorso molto breve, in cui il coach aiuta il cliente innanzitutto a definire i propri obiettivi specifici, gli fornisce chiavi di lettura e schemi necessari a raggiungerli e può anche suggerirgli esperienze pratiche che lo aiutano a mettersi in gioco ( provare attività sportive legate alla competizione, sperimentarsi nella recitazione piuttosto che a crearsi un nuovo look). Il coaching tramite la figura di supporto offre al cliente spunti per accrescere la propria consapevolezza in relazione a un obiettivo e esperienze che lo mettono subito a confronto con le proprie potenzialità. Personalmente ho voluto parlare di questo argomento poiché credo che a volte, anche persone che nell’insieme vivono una vita soddisfacente, in alcuni ambiti si ritrovano a limitarsi o semplicemente a restare nei limiti di schemi consolidati ( questo a livello personale o lavorativo) e si dicono magari che in fin dei conti non possono fare nulla di diverso. Io credo che se il dubbio di poter fare qualcosa di diverso, di accrescere le proprie potenzialità diviene significativo, un percorso di coaching, può offrire la possibilità di aprire una piccola parentesi di consapevolezza nella propria vita, senza necessariamente sentire di dover mettere in discussione tutto. Inoltre in alcune situazioni in cui la richiesta di migliorare le proprie prestazioni viene magari “dall’alto”, al lavoro ad esempio, un’esperienza breve e intensa come quella del coaching facilita la persona nel non sentirsi messa in discussione nella sua totalità, ma invitata a esplorare le proprie possibilità di crescita limitatamente ad un obiettivo specifico. Credo di aver fornito informazioni sufficienti, e ora anche il video postato in precedenza immagino risulti più chiaro! Al prossimo post.

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