venerdì 21 ottobre 2016

il corpo e la comunicazione

In attesa di dedicare un pò di spazio a questa tematica posto qui un'intervista che mi è stata fatta e che prescinde dal settore meramente clinico, ma che credo possa essere già un ottimo spunto di riflessione sulla tematica corpo e comunicazione, una vecchia intervista pubblicata sul numero 10 di Voce Nostra ( rivista Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) del 2014: Titolo: Il nostro corpo: una risorsa di comunicazione Autore: a cura di Angela Pimpinella Articolo: «I nostri primi maestri di filosofia sono i nostri piedi, le nostre mani, i nostri occhi» (Rousseau, «Emilio»). Ho iniziato questo articolo con una citazione perché a me molto cara e perché ha suscitato in me il desiderio di fare l'intervista alla dott.ssa Gilda Di Nardo; ecco qui di seguito il testo. D: Innanzitutto puoi dirmi qualcosa della tua formazione e della tua esperienza professionale? E da quanto tempo lavori in ambito di minorazione sensoriale? R: Sono psicologa e psicoterapeuta, mi sono specializzata in psicoterapia umanistica integrata presso l'Aspic di Roma; ho 37 anni e da quando ne avevo 23 lavoro nel sociale. Nel corso degli anni ho avuto modo di conoscere e lavorare in vari settori del mondo della disabilità intellettivo-relazionale, ho avuto esperienza come ricercatrice (approfondendo in particolare le tematiche della comunicazione non verbale) e ho curato alcune pubblicazioni, e da sette anni oramai lavoro anche in ambito di minorazione sensoriale nel servizio di assistenza scolastica per ciechi e ipovedenti, presso il diurno Roma 2 per persone sordocieche (presso l'Ente Regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i ciechi) e mediatore Malossi (presso l'Uici); svolgo inoltre attività di formazione (tutor per tirocinanti di psicologia presso Come un Albero Onlus, formatrice per volontari accompagnatori di persone sordocieche per l'Irifor di Roma, seminari tematici di approfondimento) e la libera professione come psicoterapeuta. Nel corso degli anni ho sempre voluto lavorare sia in ambito clinico che sociale, sia la mia formazione che la mia esperienza risultano abbastanza eclettiche, ma nell'insieme credo di averti fatto un quadro abbastanza completo. D: Va bene, prima di procedere, una domanda mi sta a cuore: credi che una persona sordocieca necessiti sempre e comunque di un sostegno psicologico? R: Accolgo la tua provocazione e sorridendo ti rispondo di no. Ovviamente il sostegno psicologico non ha di per sé a che fare con una condizione di minorazione sensoriale, ma si rivolge a chi ne fa richiesta e ne sente il bisogno o è in condizioni diagnosticabili come patologiche. Se pur la condizione di sordocecità sia fortemente caratterizzante e vincolante nella vita di una persona, non è detto che la persona sordocieca debba avere necessità di intervento psicologico di sostegno. Come per tutti questo dipende dal percorso di vita, dalle possibilità di affermazione di sé e se mai dal desiderio che una persona ha di approfondire o affrontare alcuni aspetti della propria personalità. Conosco persone sordocieche estremamente serene ed equilibrate e persone normodotate che non lo sono affatto e viceversa, se poi parliamo di psicologia del benessere, in questo caso tutti possiamo trovare giovamento da percorsi di consapevolezza e crescita interiore. D: Parlami meglio di quest'ultimo aspetto e in generale, credi che la psicologia abbia strumenti particolarmente utili da offrire ad una persona in condizione di minorazione sensoriale? R: La psicologia del benessere è rivolta al miglioramento delle condizioni psicofisiche della persona senza particolari difficoltà. Si distingue dalla Psicologia Clinica perché non si occupa della patologia, e dal Sostegno Psicologico perché non riguarda interventi attuati in periodi di crisi personale. Il concetto-chiave della Psicologia del Benessere e della salute è il rilassamento e la consapevolezza: attraverso l'acquisizione della capacità di distendersi e rilassarsi la persona acquisisce anche un diverso approccio alla propria esistenza, liberando energie precedentemente impiegate in maniera disfunzionale ed utilizzandole al servizio delle potenzialità inespresse e del miglioramento della relazione con gli altri. Da questo punto di vista la psicologia offre molte possibilità ad ognuno di noi. Il contatto con le proprie emozioni, la consapevolezza di sé e dei propri schemi cognitivi e relazionali sono importanti per tutti noi. Di certo poi la ricerca (processi cognitivi, percezione) può essere molto utile ed offrire il suo contributo in ambito di minorazione sensoriale. D: E nello specifico che mi dici della tua esperienza di laboratorio psicocorporeo con le persone sordocieche? R: Innanzitutto che mi diverto, e lo specifico perché molto spesso quando dico di lavorare con persone sordocieche l'interlocutore resta sgomento davanti all'entusiasmo con cui comunico quest'esperienza e immagina invece una situazione negativa e triste. In realtà stare in relazione anche attraverso il corpo ed esprimersi attraverso esso è un'occasione molto bella, significativa e a tratti divertente. Nello specifico, il laboratorio psicocorporeo che conduco con persone sordocieche e i loro interpreti è ispirato alle tecniche della bioenergetica, pur rimanendo ad un livello soft, in cui piuttosto che andare a fondo e utilizzare gli aspetti che definirei più «esplosivi» della bioenergetica, vengono utilizzati i giochi relazionali e gli esercizi che permettono al fisico di «sbloccare» le energie negative, i blocchi, e alla mente di trovare rilassamento e benessere. Ad un certo livello gli esercizi che uso nel laboratorio potrebbero apparire come semplici esercizi fisici, una sorta di ginnastica dolce, ma in realtà ad ogni movimento, posizione, gioco, attraverso il corpo si accompagna una riflessione ed esplorazione sulle emozioni e la relazione con sé e con l'altro che poi passa anche per una condivisione finale di vissuti in gruppo. D: Puoi spiegarmi qualcosa in più sul legame corpo mente e del perché ritieni particolarmente adatte ad una persona sordocieca le tecniche psicocorporee? R: Beh, inevitabile citare gli antichi col celebre «mens sana in corpore sano»; detto in maniera più attuale corpo e mente non possono essere considerati come due entità separate, ma estremamente legate tra loro. Per esemplificare, se ho un dolore fisico e mi concentro su di esso con un vissuto negativo, lo amplificherò inevitabilmente, se mi concentro su di esso con animo positivo probabilmente risulterà un po' alleviato. E viceversa se sono abbattuta avrò una maggiore predisposizione ad ammalarmi, mentre se sono positiva avrò maggiori capacità di resistenza e reazione alla malattia. Ad esempio anche in ambito medico è sempre più affermata la rilevanza dei fattori psicologici nei processi di cura. Certo il legame corpo psiche è un qualcosa di molto più complesso, ma in questo poco spazio che abbiamo credo che già gli esempi fatti diano un'indicazione chiara, se pur riduttiva e forse un po' banalizzante. Inoltre, sempre per chiarire, la bioenergetica che ho citato sopra, è un branca della psicologia che sostiene che i blocchi, le tensioni estreme che si collocano nel corpo coincidono a blocchi anche delle energie mentali, delle emozioni, e proprio agendo sul corpo si possono sbloccare anche le energie mentali e le emozioni. Proprio per questo motivo credo che tecniche che intervengono attraverso il corpo siano estremamente adatte alle persone sordocieche, che solitamente e nella maggior parte dei casi già utilizzano il corpo, le mani nello specifico per parlare (lingua dei segni ad esempio); la persona che nasce o diventa sordocieca, davanti al limite imposto dalla minorazione sensoriale, ha comunque un grande strumento per sentire e relazionarsi, il proprio corpo e attraverso di esso impara a percepire ed esprimere sensazioni e intenzioni, per cui esso è uno strumento privilegiato per lavorare su se stessi, sulla propria consapevolezza e capacità relazionale. Inoltre, credo che nel caso delle persone sordocieche, ci sia una specifica da fare: per le persone sordocieche il corpo rappresenta, ancor più che per i «non sordociechi» la propria possibilità di relazione col mondo ma anche il proprio limite, ovvero, «non vedo non sento per cui non vado oltre i limiti che il mio corpo attraverso i sensi mi indica e mi permette». Esistono poi anche dei problemi legati all'equilibrio, all'orientamento e alla coordinazione che possono far sentire la persona sordocieca limitata, insicura nell'esplorazione e nella possibilità di affermarsi e muoversi con tranquillità. In un contesto protetto di un laboratorio psicocorporeo, la persona sordocieca può sperimentarsi, attraverso l'esercizio psicofisico, nella sua capacità di esplorare, di assumere posizioni e posture non abituali e magari ritenute pericolose in altri contesti, può cioè leggermente forzare i propri limiti al fine di ampliare le proprie possibilità di equilibrio ed orientamento. Tutto ciò perciò può tradursi in un accrescimento della consapevolezza di sé psicocorporea, dell'assertività e dell'autostima. Va da sé che negli esercizi di relazione si sperimenta anche la propria capacità di affidarsi, di accettare se stessi e l'altro, di giocare, di dire di sì e dire di no, e tutto ciò è possibile anche attraverso il corpo. Grazie Gilda, è stato molto interessante avere questa possibilità di avvicinarci maggiormente alle capacità comunicative del nostro corpo, e sicuramente leggere quest'intervista potrà essere occasione di una maggiore consapevolezza delle capacità comunicative che il nostro corpo ci offre. a cura di Angela Pimpinella

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