giovedì 23 settembre 2010

Crisi e relazioni


Come detto mi dedicherò a parlare a vari aspetti della e delle crisi; oggi parlerò un pò di crisi e mondo delle relazioni.

Il mondo delle relazioni è altrettanto affascinante e talvolta inquietante di quello della psiche umana. A causa delle relazioni (amicali, sentimentali, di lavoro) gioiamo, soffriamo, sconvolgiamo o organizziamo le nostre vite e a volte, invece, per la mancanza di relazioni o per il venir meno di alcune delle nostre relazioni ci rinchiudiamo nella prigione di una desolata solitudine.

In questo post mi soffermerò a dare alcune indicazioni sulle relazioni che vanno in crisi; anche in questo caso ci tengo ad evidenziare che la crisi è più che normale, ci sono relazioni che escono rinforzate dalla crisi ed altre che ne vengono distrutte. La crisi è fisiologica, può arrivare perché si avverte l’esigenza di cambiare, perché ci sono eventi che mettono alla prova, oppure perché il gioco “perverso” (nel caso di relazioni che si reggono sul compromesso, sulle continue rinunce di uno dei due partner, sull’opportunismo, su illusioni infantili, ecc.) che si è instaurato non regge più e rivela, attraverso la crisi, la fragilità del rapporto. La crisi, quando giunge a far traballare un’amicizia, una coppia, un gruppo, ha comunque un forte significato, vuol dire che le parti non sono più in equilibrio, devono pertanto riassestarsi e trovare un nuovo equilibrio oppure sono destinate a separarsi.

In generale che si tratti di una coppia, di amici, di un gruppo, c’è da considerare che quando una relazione nasce si instaura a partire da somiglianze o differenze ben marcate, da momenti di vita particolari, ecc. E per di più possono esistere delle motivazioni inconsce per cui ci si lega ad una persona più che ad un’altra per motivazioni di cui non si è del tutto consapevoli; ad esempio si è convinti di stare con una persona perché la si ama e si è attratti, ma inconsapevolmente è il suo status sociale che ci attira, perché risponde al nostro bisogno di riscatto sociale. Oppure, si è convinti di essere il/la più grande amico/a di una persona e in realtà si è affascinati dal mondo che frequenta quella persona, dai suoi hobby, o magari dai suoi vestiti (intesi come l’attenzione che la persona ha per la sua immagine)! Non sto parlando qui di forme più o meno grandi di opportunismo, ma di motivazioni inconsce che possono spingerci ad avviare relazioni; solitamente non si è completamente consapevoli di queste motivazioni e per questo può succedere che ci incastriamo in relazioni che desideriamo realmente solo parzialmente. E’ ovvio, o almeno dovrebbe esserlo, che tutti scegliamo gente che ci piace, ma nelle nostre scelte relazionali contano sia le nostre motivazioni consce che inconsce; e talvolta sono proprio quelle inconsce che (appunto senza che ce ne rendiamo conto) ci spingono verso la crisi.

E se invece scegliamo persone che in realtà ci rendiamo conto di non stimare, persone che riteniamo poco piacevoli, eppure ci stiamo assieme, allora dobbiamo farci forse qualche domanda su quanto stimiamo noi stessi, su quanto ci sentiamo degni di piacere ed essere amati, o quanto invece abituati a credere che non lo siamo ci leghiamo a persone che non ci piacciono e magari ci maltrattano anche.
Nell’arco della nostra vita, avvengono in noi dei cambiamenti, è più che normale; può succedere che noi cambiamo e il nostro partner/gruppo/amico no; oppure può succedere che le due parti in questione cambino su aspetti diversi e che magari, proprio il cambiamento avvenuto fa sì che non si trovi più né il motivo né il modo di stare insieme. E, ancora, come accennato poco fa, può succedere che senza rendercene conto ci siamo legati ad un amico, un partner, un gruppo, che inconsapevolmente crediamo possano compensare la nostra insicurezza, il nostro bisogno di accettazione, di certezze, di creatività, ecc. Non è difficile, insomma, cadere nel tranello del “mi lego a quella persona per stare bene”, bisogna invece star bene da soli e imparare poi a stare con l’altro.

Mi piacerebbe poter lasciare qui di seguito una sorta di ricettario delle relazioni “se succede questo, bisogna far questo” e così via; mi piacerebbe anche dire non si deve soffrire se un rapporto va in crisi, se diviene difficile o se proprio quando diviene tutto estremamente semplice, paradossalmente, non vogliamo più portarlo avanti. Ma purtroppo e per fortuna, non mi è possibile fare tutto ciò e, ribadisco, purtroppo e per fortuna, le relazioni sono così semplici e così complesse, così meravigliose e così terribili, così ovvie e così imprevedibili, che non si può e non si deve ricorrere ad un formulario per viverle. Si può se mai guardarsi dentro, capire le proprie motivazioni, ricordare che l’unico cambiamento che possiamo agire è su noi stessi e non sull’altro. Se si vuole vivere e godere della gioia che le relazioni danno, bisogna essere disposti ad assumersi anche “i rischi” che da esse possono provenire: la perdita, la separazione, il tradimento, il conflitto. Sono, questi ultimi, “fantasmi” che spaventano tutti, ma come non accettare di affrontarli se si pensa alla gioia che procura la parola di conforto di un caro amico, il bacio della persona amata, un viaggio con gli amici, ecc.? Certo diviene più difficile pensarla così se un amico ci ha tradito, se la persona amata ci ha lasciato, se l’abbiamo persa o se abbiamo dovuto lasciare amici e affetti magari per lavoro e per un improvviso evento accidentale; il punto è che possiamo, di volta in volta, fare delle scelte, ma non possiamo avere il controllo completo sulla nostra vita, non possiamo prevedere tutto e riservarci solo ciò che è positivo, possiamo “solo” vivere e, se si presenta qualche incidente di percorso, fermarci a curare “ le ferite” per poi rimetterci in cammino e ricominciare a vivere.

Mentre scrivo mi viene da pensare a quelli che per qualche motivo si ritrovano con una storia di vita senza affetti o con affetti sregolati; penso a coloro che hanno perso i genitori troppo presto, a quelli che non li hanno mai conosciuti, a quelli per cui la miglior maestra è stata solo la strada o di contro a coloro che tra i tanti maestri e scuole e le pur grandi possibilità si sono ritrovati persi e spaesati, soli o abbandonati, non so se queste persone si imbatteranno mai in queste righe, ma se dovesse succedere mi piacerebbe suggerire soprattutto a loro di prendere in considerazione il primo volto sincero e amico che gli si avvicina, di non allontanarlo e di provare a scoprire cosa vuol dire fidarsi, lasciarsi andare e stare in relazione con qualcuno; si può cambiare la propria vita se lo si vuole.
Poi bisogna sempre ricordare che per affermare di essere in relazione bisogna essere almeno in due, noi possiamo fare fino ad un certo punto, possiamo cercare, alimentare, spezzare, una relazione, ma c’è sempre una parte che spetta all’altro e senza la quale viviamo una relazione solo a metà
Tornando ai fattori che possono rappresentare un motivo di crisi nelle relazioni, credo possiamo classificarli, solo a titolo esemplificativo, nelle seguenti categorie:

  • fattori concreti: il denaro, la distanza fisica, il nuovo lavoro, cambiamento all’interno della famiglia (un figlio ad esempio). Una serie di fattori, indipendentemente dal fatto che influenzino in maniera positiva o negativa la nostra vita, possono essere, se non responsabili, comunque di innesco della crisi: che si tratti di un’amicizia, di un relazione intima o di un gruppo. Ad esempio il denaro assume un ruolo significativo perché ad esso leghiamo i nostri vissuti e il nostro status, e un aumento di denaro o una diminuzione delle nostre entrate possono condizionare i nostri rapporti. Oppure un trasferimento: crediamo che un legame con una persona ( amico o partner che sia) durerà per sempre e che la distanza non intaccherà il rapporto, poi succede invece che la quotidianità prevale e il legame a distanza diviene sempre più debole. Questi stessi esempi, sono validi anche al positivo, ad esempio: ci ritroviamo in una situazione di difficoltà economica (negativa di per sé) e proprio in questa occasione scopriamo la solidarietà di familiari e amici; oppure siamo costretti ad allontanarci per un trasferimento da un amico o da un partner con cui eravamo in crisi, e grazie alla distanza comprendiamo invece la sua importanza e il rapporto si rinforza. Esistono, insomma, cambiamenti o condizioni concrete a cui la vita ci spinge o ci costringe e che possono contribuire alla crisi.
  • fattori individuali: può succedere che nel tempo cambiamo, o meglio, cresciamo rispetto ad alcuni nostri aspetti e esasperiamo magari alcuni difetti, oppure ne smussiamo gli angoli; e può succedere che il cambiamento sia foriero di nuova vitalità così come di crisi in un rapporto: l’altro non ci riconosce più. Molto spesso questo succede anche quando si intraprende un percorso di psicoterapia o comunque di crescita personale, si prende consapevolezza di tante cose, si matura e si apportano delle modifiche al proprio modo di essere e non tutti coloro che ci stanno intorno sono pronti ad accogliere il cambiamento. A volte delle modifiche avvengono in noi a causa di nuove conoscenze, nuove attività, nuovi gruppi di persone che frequentiamo: iniziamo a vestire in modo diverso, a parlare e a ragionare su cose diverse, portiamo insomma delle novità nella nostra vita e magari ci ritroviamo con qualcuno vicino che è invece spaventato da queste novità. E tante volte sono semplicemente i nostri tratti caratteriali distintivi che nelle relazioni soprattutto quelle più intime, danno il loro meglio o il peggio, più cresce l’intimità di una relazione più è probabile che acuiamo i nostri difetti e rileviamo maggiormente i nostri pregi.
  • eventi critici: momenti problematici come crisi individuali o malattie mettono a dura prova sia noi che chi ci sta accanto; di certo gli episodi che più possono affaticare le relazioni sono i lutti e le perdite oltre che i traumi, in particolar modo se violenti ( incidenti, aggressioni, ecc.). Talvolta però sono proprio i momenti più duri, gli avvenimenti critici, che ci rivelano oltre che la nostra forza l’amore che ci circonda. Bisogna però dire che molto spesso le persone in seguito a traumi, e perdite ecc. tendono a reagire chiudendo del tutto i ponti con il “mondo” che appartiene ai tempi prima del trauma; si vuole chiudere, smettere di pensare, ricordare e si sente l’esigenza di voltare del tutto pagina. Per questo motivo, è bene non prendere decisioni affrettate, ma lasciarsi un po’ di tempo per decidere e comprendere se si vuole davvero cambiare vita, partner, amici o se si è solo in preda ad una giustificabile crisi emotiva. Altro fattore critico, può essere un trauma un evento non vissuto in prima persona ma da un amico, familiare ecc.; una malattia, un trauma di un nostro caro ci coinvolge, inevitabilmente; si pensi a come può essere difficile per una coppia capire ed accettare che il proprio bambino è nato disabile, questo si è visto che ad esempio nei primi anni di vita è un fattore che causa la separazione di molte coppie.
  • compromessi malsani: talvolta le relazioni si reggono su equilibri, o forse sarebbe più appropriato dire squilibri, malsani. La “crocerossina” e “l’ammalato”, il “salvatore” e la “vittima”, il “prepotente” e “l’insicura”, il “masochista” e la “sadica”, sono tutti esempi di quelle relazioni (amicali, sentimentali, di lavoro) in cui si instaura un gioco perverso in cui esiste uno squilibrio enorme fra le parti ed un’estrema fissità di ruoli. Si tratta di quelle situazioni in cui una delle parti o entrambe si lamentano sempre dell’altra eppure restano assieme. Ad esempio: una delle due parti prende da sola e anche al posto dell’altra decisioni; uno dei due componenti della coppia è molto attento e premuroso e l’altro è completamente disinteressato; uno è assolutamente fedele e l’altra infedele; una parte è responsabile e l’altra è del tutto irresponsabile e inaffidabile e si appoggia sempre all’altro; o ancora, i due partner (amici, colleghi, fidanzati) non sono legati da un sentimento preciso o da una valida motivazione razionale ma da una idea strumentale dell’altro ( sto in coppia perché voglio un figlio, scelgo quel collega perché è molto competente e mi serve per i miei progetti, ecc.) che forse non è a livello consapevole ma, venuto meno l’obiettivo ( un figlio, un progetto lavorativo, ecc.) si inizia a guardare all’altro come inadeguato e la coppia scoppia. Insomma esistono relazioni in cui vi è un effettivo squilibrio, sovraccarico e malcontento soprattutto di una delle parti; spesso in queste situazioni se una delle parti in questione smette di rivestire il proprio ruolo (il salvatore, la sadica, ecc.) la relazione ha paradossalmente fine, se il gioco perverso ( coppie che si “lasciano e si prendono”, partner violenti, coppie di lavoro in cui solo uno dei due guadagna, ecc.), il partner che resta incastrato nel ruolo perverso tenderà a cercare un nuovo partner “malato” e continuare il gioco insano.

Alcune indicazioni su cosa può essere interessante osservare nelle relazioni di vario tipo se vanno in crisi.

  • Amicizia: ci si può soffermare innanzitutto a chiedersi a che nostro bisogno risponde quel nostro amico; fondamentalmente per quanto il sentimento d’amicizia debba essere sorretto dall’affetto, un amico svolge un ruolo nella nostra vita, talvolta questo ruolo è fisso: l’amico che ci aiuta sempre, quello che ci fa ridere, quello che ci consiglia ecc. Se iniziamo a sentire che qualcosa non va nel modo in cui l’amico si comporta con noi, dobbiamo perciò innanzitutto chiederci in che modo quest’amico non ci sta soddisfacendo nel rivestire il ruolo in cui siamo soliti vederlo; fatto ciò c’è da andare oltre i propri personali egoismi e comprendere che un’amico non è lì per rispondere sempre e comunque ai nostri bisogni, dopo di che bisogna valutare se è in crisi il nostro amico, la nostra visione di lui, oppure semplicemente stiamo cambiando e vediamo le cose in maniera diversa. Se invece è un amico che avverte in noi qualcosa che non va, starà a lui fare la sua “analisi”, a noi chiedersi cosa stiamo realmente facendo perché egli si senta in diritto di lamentarsi o accusarci. Molto spesso le crisi d’amicizia hanno a che fare con crisi di gelosia e possesso o con “attacchi”alla lealtà e alla fiducia. Che ci ritroviamo nel ruolo di chi deve chiedere scusa o di chi deve scegliere di accettare o meno le scuse ( qualora arrivino), bisogna sempre cercare di avere senso critico ma non di puntare il dito verso l’altro e soprattutto evitare discussioni quando gli animi non sono ben quieti; credo che anche in amicizia la questione fondamentale sia quella dei confini; per cui ci si può chiedere in che modo si è concesso al proprio amico di varcare i confini della propria generosità, della propria fiducia, della propria lealtà, o viceversa come si è riusciti a sconfinare nel “ terreno “ dell’altro. Esistono molte definizioni dell’amicizia e molte citazioni su di essa, ma in questo momento mi viene da definire amico colui che sa indicarti i propri confini, conosce bene i tuoi, ed è sempre pronto a fermarsi in tempo prima di varcarli.
    Relazioni sentimentali: ho volutamente distinto tra relazioni sentimentali e coppia, perché non sempre chi instaura una relazione è definibile come coppia. Comunque quando una relazione sentimentale va in crisi credo che la cosa più interessante su cui soffermarsi sia “ cosa cerco nell’altro?”. E quando ci si inizia a rispondere con dei bisogni che sono tutti nostri, ad esempio accettazione, accudimento e così via, bisogna comprendere almeno due cose: una che l’altro non è che detto che comprenda quali sono i nostri bisogni, che possiamo imparare a chiedere ( o se invece chiediamo troppo a divenire meno richiedenti), e che per primi dobbiamo chiederci se comprendiamo i bisogni dell’altro e se vi rispondiamo. Nell’analizzare queste motivazioni, bisogna cercare di essere costruttivi, comprendere ad esempio che si vuol ricevere maggiore attenzione, ci deve far comprendere che per primi siamo responsabili delle attenzioni che riceviamo: dobbiamo in prima persona prenderci più cura di noi stessi, “darci più attenzione” e imparare a chieder più attenzione , se l’altro non sa darcene, starà a lui scegliere se imparare a darcene o restare nella sua incapacità con le dovute conseguenze, ovvero il nostro allontanamento.
  • Coppie: alcune teorie che usano un approccio evolutivo di studio della coppia, utilizzano le fasi dello sviluppo infantile di Margareth Mahler di dipendenza, controdipendenza, indipendenza e interdipendenza, per spiegare come nascono, crescono e si sviluppano solitamente le coppie. Tendenzialmente si ha una fase di incontro e unione in cui si parte da una sorta di simbiosi: si sta sempre insieme, si vedono gli aspetti positivi, l’altro è perfetto. Subentra poi una fase di controdipendenza, di disillusione, di differenziazione; nascono i primi segni di incompatibilità, le prime delusioni, l’altro non soddisfa più tutti i nostri bisogni. E’ possibile che subentrino momenti di scoraggiamento, di dubbio. E così si entra nella fase successiva di indipendenza, in cui i membri della coppia sentono il bisogno di rivolgersi all’esterno, di riappropriarsi dei propri spazi e di esplorare; in questa fase oltre che la crisi sembra essere molto probabile anche il tradimento; i partner hanno comunque il desiderio di restare insieme, e se riescono a superarare questa fase entrano nella fase di interdipendenza in cui, si giunge a da accettare un legame che per forza di cose sarà imperfetto ma che può essere soddisfacente, i partner si riavvicinano. Al di là di questo schema di lettura che ha i suo limiti come ogni schema, la conoscenza dell’andamento teorico della coppia,può servire a riflettere meglio sui motivi della propria crisi: può succedere che si rimanga fissi in una fase, quella di simbiosi ad esempio, e ad un certo punto ci si sente soffocare, oppure in quella di indipendenza e si continua a tradire chiedendosi poi perché si sta insieme.
    Banale da dirsi, ma un altro momento in cui sembra molto probabile che le coppie vadano in crisi è la nascita di un figlio; anche quando si è desiderato e si è scelto di avere un figlio, la nascita di un bambino comporta uno sconvolgimento prima e una riorganizzazione totale poi, che mette a dura prova molte coppie. In questo caso, come dire, coppia avvisata, mezza salvata! Le coppie molto spesso si stupiscono che dopo il tanto sospirato evento della nascita, al di là delle ovvie prime difficoltà di organizzazione subentrino contrasti e incomprensioni; se pur non scontato è invece assolutamente normale e fisiologico, bisogna darsi tempo e sdrammatizzare un po’.
    Anche nella coppia restano importantissimi i confini; stare in coppia non vuol dire annullarsi, sostituirsi all’altro o ancora peggio sentirsi sempre in simbiosi. Bisogna prendersi uno spazio per sé e lasciarlo anche altro e prendersi e riservarsi uno spazio di coppia.
  • Gruppi: anche la famiglia, i gruppi amicali e di lavoro, nascono crescono e si sviluppano con determinate modalità. Una delle costanti è che i vari membri tendono ad assumere un ruolo, ovvero vengono investiti di un ruolo. Se si osserva un gruppo, si può facilmente individuare chi riveste il ruolo di leader, chi di “pecora nera”, di capro espiatorio, chi di saggio e così via. Anche in questo caso molto spesso le crisi arrivano quando un membro viene meno e quindi rompe l’equilibrio, quando uno dei membri esaspera il proprio ruolo o quando invece smette di rivestirlo. Talvolta accade invece che il membro del gruppo continua a rivestire il ruolo abituale, ma questo ruolo non è più funzionale al gruppo che così o lo espelle o lo induce in qualche modo al cambiamento. All’interno dei gruppi di solito possiamo inoltre riscontrare le alleanze tra i vari membri, questo è un meccanismo ( più o meno consapevole) attraverso cui avvengono i processi decisionali.
    Se si è parte di un gruppo in crisi, la cosa più utile è chiedere un parere a qualcuno esterno al gruppo, meglio se un esperto ( che non vi darà indicazioni di parte, ma imparziali informazioni), in quanto le risorse personali possono non essere sufficienti ad affrontare la crisi di un intero sistema; può comunque essere utile riflettere su che ruolo si riveste all’interno del gruppo e in che modo è più giusto usare il proprio ruolo oppure sospenderlo.

Ciò che molto spesso si crede è che necessariamente le crisi, nei rapporti, “vengano a dirci” che il rapporto deve finire; non è necessariamente così, alcune crisi”vengono a dirci” che è il momento di chiudere una relazione, altre ancora servono proprio a trasformarla. Certo i momenti di crisi sono faticosi, richiedono responsabilità e impegno ma in fin dei conti anche un po’ di spensieratezza, perché se anche nella crisi, non si riesce a trovar spazio per un po’ di leggerezza, ironia e distacco, sarà difficile uscirne. Per ciò che riguarda il dolore che subentra, sopratutto quando si resta soli, il tempo e le relazioni stesse saranno gli unici farmaci; certo ci si può concedere un po’ di tempo in solitudine, è necessario ritrovarsi prima di incontrare gli altri. In situazioni di crisi legate alle relazioni, quando gli altri ci dicono che passerà viene difficile crederlo; sia che stiamo uscendo da una separazione, che da un lutto o da chissà quale altra situazione, sentiamo solo il nostro dolore, la nostra rabbia o talvolta quella che ci raccontiamo come indifferenza e apatia o di contro euforia (che altro non è che un modo per evitare il nostro dolore); poiché sentiamo che questi sentimenti crescono a dismisura (tanto quanto il vuoto che si fa sempre più largo in noi), viene difficile credere che finirà, che andrà meglio. Eppure, credo che chi come me svolge la professione di psicoterapeuta, ha avuto un osservatorio privilegiato da cui guardare il mondo delle relazioni e sapere che se pure non ci sono troppe certezze (neppure che risolta un crisi non dovremo affrontarne un’altra) è invece certo che per ognuno, volendolo, esiste la possibilità di affrontare il mondo delle relazioni e delle crisi, esiste la possibilità di uscirne rinvigoriti e pronti a riprendere il proprio cammino, a volte spensierati e a volte un po’ più appesantiti o segnati: questa è la vita.


Tranelli: a volte esistono delle convinzioni, che ho qui voluto chiamare tranelli, che alimentano il nostro stato di crisi; “tanto prima o poi l’altro cambierà e tutto andrà meglio”, “faccio finta di niente e tutto tornerà come prima” “ devo cambiare a tutti i costi cosi gli piacerò”. Solo pochi esempi, questi, di convinzioni che possono far sì che le nostre crisi non si dissolvano ma si prolunghino: tante volte si separa che gli altri cambino per noi, gli altri invece cambiano solo se hanno davvero voglia di farlo, noi possiamo incidere sul nostro di cambiamento, ma restar lì a sperare in quello dell’altro è abbastanza controproducente; far finta di niente, questa è un’altra delle soluzioni che si adotta talvolta nei momenti di crisi, soluzione che se per un momento può essere umano adottare, nel tempo ci si può ritorcere contro, ci può portare ad allontanarci dai nostri veri bisogni, a costruirci un mondo di finzione in cui “tutto va bene”, ma niente in realtà va bene. E ancora, un altro tranello può essere quello di imporsi di cambiare a tutti i costi, e di farlo non per sé, ma nella speranza che l’altro, amico, compagno, famigliare, ci apprezzi di più; nella maggior parte dei casi ci si ritrova con piccoli e superficiali cambiamenti non desiderati e con l’altro che, in seguito al nostro cambiamento o si è allontanato, oppure si è avvicinato ma noi non lo vogliamo più. Tra i tanti compromessi che talvolta le relazioni comportano, di certo il mentire a se stessi può essere uno tra i più dannosi.

4 commenti:

  1. Cara Gildona,
    sei proprio brava!

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  2. Bellissimo questo post, l'ho letto tutto d'un fiato e ci ho trovato tutte cose verissime in molte delle quali mi rivedevo.
    Ti seguirò!

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