venerdì 29 ottobre 2010

Oltre la crisi, nuovi orizzonti


Mi appresto oramai a lasciare l'argomento crisi, dopo averlo trattato in maniera vasta, se pur non esaustiva. "Passo la parola" a Gaber e poi la riprendo io...solo alcune ultime considerazioni...

E allora è venuto il momento dei lunghi discorsi, ripartire da zero e occuparsi un momento di noi,
affrontare la crisi, parlare, parlare e sfogarsi e guardarsi dentro per sapere chi sei.
E c’era l’orgoglio di capire e poi la certezza di una svolta
come se capire la crisi voglia dire che la crisi è risolta.
E allora ti torna la voglia di fare un’azione ma ti sfugge di mano ogni gesto che fai la sola certezza che resta è la tua confusione il vantaggio di avere coscienza di quello che sei (i Reduci, Gaber G.).


Eccola qui, la solita crisi; ebbene si, anche se non ho parlato di crisi abituali in queste "pagine", esistono anche le crisi che oso definire abituali, quelle che sai bene che arriveranno, che hai imparato a conoscere ed affrontare. Così è per me, ad esempio, ogni volta che termino un articolo,un libro ecc.. Mi faccio mille domande, mi chiedo quanto sarò stata chiara, quanto sarà utile ecc.; quando riesco a superare il dubbio e ad usarlo costruttivamente, riesco ad apportare delle modifiche di cui solitamente sono soddisfatta. Esistono delle crisi insomma che proprio perché sovvengono ci aiutano a migliorarci, sono quelle piccole crisi delle quali abbiamo imparato a sorridere, con le quali abbiamo imparato a fare i conti e che ci rendiamo conto che hanno una funzione positiva.
Di qualsiasi crisi si tratti, comunque, credo ormai a questo punto sia chiaro che o con la riflessione o con l’azione, ma più correttamente con entrambe, bisogna attraversare la crisi per superarla, non rifiutarla, ignorarla. E soprattutto bisogna immaginare di poterla superare, bisogna essere capaci di immaginare nuovi lidi da raggiungere, nuovi orizzonti da attraversare. Senza immaginazione, le strade finiscono. Le crisi, a volte, ci assalgono in maniera così violenta che è difficile credere davvero di poterle superare; ma che si tratti di piccole o di grandi crisi, il primo passo da compiere è quello di comprendere quale orizzonte la nostra crisi ci costringe a guardare, quale orizzonte vogliamo invece raggiungere e quali piccoli passi possiamo compiere per avvicinarci ad esso. Ci sono crisi che si affrontano restando calmi, fermi sulla propria posizione e aspettando che passi la burrasca; ci sono crisi che ci chiedono un tempestivo cambio di rotta, una violenta ma creativa virata verso ciò che desideriamo, verso ciò che può darci serenità, che può darci un po’ di queite dopo la tempesta attraversata... Certo, ci sono crisi in cui è solo andando alla deriva che riusciamo a riprendere la rotta giusta; poi quale sia la rotta giusta, solo noi possiamo stabilirlo. Per chiudere, riprendo una citazione fatta in uno dei primi post su quest'argomento...
La crisi non si deve fuggire, ignorare, biasimare, bisogna solo affrontarla; se ci si ritrova in una condizione critica, fuggire dalla realtà non ha molto senso. Sensato è, se mai, fuggire non da, ma verso una nuova realtà, proprio come ci spiega poeticamente il biologo francese Laborit (2000), nel suo “Elogio della fuga”: “quando non può più lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l’andatura di cappa (…) che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga spesso, quando si è lontani dalla costa, è il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all’orizzonte delle acque tornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l’illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione”.

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